Le graminacee da tappeto erboso contengono una percentuale in acqua compresa tra il 75 e l’85% del loro stesso peso per cui si può facilmente comprendere come una riduzione del contenuto idrico di circa il 10% sia pressoché letale per tutte le specie.
Se per alcuni tappeti erbosi può essere tollerata una leggera riduzione della qualità dovuta a stress idrico, nell’ambito delle superfici sportive e ornamentali di pregio – per i quali si richiedono alti livelli estetici e di fruibilità – la disponibilità idrica va mantenuta costantemente a livelli non limitanti per il prato. Si può ottenere ciò con il giusto metodo d’irrigazione.
In un tappeto erboso sottoposto a stress idrico si succedono eventi fisiologici che ne pregiudicano, prima lievemente e infine marcatamente, la qualità:
– rallentamento dell’accrescimento fogliare
– aumento del rapporto di crescita radici-foglie (uno stress idrico contenuto rallenta la crescita delle foglie e dei germogli e stimola la crescita degli apparati radicali)
– aggiustamento osmotico e chiusura degli stomi per ridurre i fenomeni traspirativi
– appassimento e accartocciamento fogliare.
In caso di forte disidratazione si arriva a senescenza e, in ultimo, disseccamento e morte.
Tre sono le principali domande alle quali rispondere riguardo l’irrigazione del prato in estate: quando, quanto, come.
QUANDO IRRIGARE IN ESTATE?
Nella pratica ci si affida solitamente a irrigazioni del tappeto erboso a calendario o a metodi empirici. Tra cui: l’impronta sull’erba (un prato in stress idrico, una volta calpestato, porta a lungo il segno dell’impronta del piede perché l’erba, mancando turgore, fatica a riposizionarsi verticalmente) o le differenze di colore (la superficie fogliare tende a restringersi per diminuire la superficie traspirante e a concentrare i cloroplasti-clorofilla apparendo di colore verde scuro).
Per una corretta irrigazione l’ideale sarebbe affidarsi a metodi oggettivi, basati su misure scientifiche dello stato idrico del terreno, dello stato idrico delle piante e del bilancio idrico del sistema terreno-pianta.
Valutare lo stato idrico del terreno
Per misurare lo stato idrico del terreno assumono grande importanza due costanti idrometriche come la capacità di campo (CC) e il punto di appassimento (PA). La CC corrisponde al livello di umidità ottimale del terreno per le piante alla quale l’acqua occupa i pori di piccole e medie dimensioni e destina i macropori alla circolazione dei gas, mentre il PA corrisponde a un livello di umidità del terreno al quale l’acqua è trattenuta con forza tale da risultare indisponibile per l’assorbimento. Ne consegue che la riserva d’acqua disponibile per l’assorbimento da parte delle piante, che chiameremo Riserva Utile (RU), è proprio il livello di umidità ottenuto per differenza tra CC e PA.
Le due costanti, misurabili con appositi strumenti, corrispondono a valori di umidità molto diversi nei differenti tipi di terreno, entrambe crescono con il contenuto in argilla del terreno. Una frazione della Riserva Utile, la Riserva Facilmente Utilizzabile (RFU) corrispondente alla differenza tra CC e soglia d’inizio stress idrico, ci aiuterà a definire il momento d’intervento: se vogliamo evitare situazioni stressanti al tappeto erboso è necessario irrigare una volta esaurita la RFU.
In alternativa è possibile avere una misura dello stato d’idratazione del tappeto erboso valutando la velocità di accrescimento fogliare, il potenziale idrico fogliare, il grado di apertura degli stomi e la temperatura fogliare (tutti parametri correlabili tra loro).
Il metodo del bilancio idrico mette invece a confronto gli apporti idrici (precipitazioni, irrigazione e apporti da falda) con le perdite (evaporazione, traspirazione, ruscellamento, drenaggio) e definisce il momento d’intervento a quando il deficit idrico calcolato nel bilancio corrisponde alla RFU (Riserva Facilmente Utilizzabile).
Valutare evaporazione e traspirazione
Voci rilevanti sono evaporazione e traspirazione. Mentre la prima è una perdita netta, la seconda è un “male” necessario che consente l’assorbimento dell’acqua e degli elementi nutritivi, l’apertura degli stomi per l’approvvigionamento dell’anidride carbonica e il raffreddamento fogliare (l’acqua evaporando a livello stomatico consuma calore). Per capire l’importanza di questo fenomeno si consideri che solo l’1% dell’acqua assorbita è utilizzata in processi metabolici mentre il resto è traspirata attraverso gli stomi.
Specie vegetale, copertura del terreno, radiazione solare, umidità relativa, temperatura e ventilazione incidono sul tasso di evapotraspirazione.
Il tasso di evapotraspirazione è inferiore nelle specie macroterme:
6-7 mm/giorno (valore estivo massimo in condizioni di coltura ottimali) per Cynodon dactylon,
8,5-10 mm/giorno per Lolium perenne e valori superiori a 10 per Poa pratensis e Festuca arundinacea.
Cynodon dactylon si giova a livello fogliare di meccanismi appositi per il risparmio idrico quali resistenza stomatica e cuticolare (strati cerosi impermeabili), un notevole sviluppo degli apparati radicali per la ricerca dell’acqua e la possibilità di sviluppare rizomi e stoloni.
F. arundinacea, unica tra le microterme, compensa un elevato tasso di evapotraspirazione con un notevole sviluppo in profondità degli apparati radicali.
Ne consegue che, generalmente, le specie macroterme sono più resistenti al caldo e alla siccità delle specie microterme.
QUANTO IRRIGARE IN ESTATE?
Scientificamente il volume di adacquamento è la quantità d’acqua necessaria per riportare il terreno dall’umidità da cui si trova alla CC (capacità di campo). Secondo il metodo del bilancio idrico possiamo ipotizzare per la pianura del nord Italia e per un tappeto erboso di Poa pratensis e Festuca arundinacea con terreno di medio impasto (in materia d’irrigazione tutto è relativo) una quantità d’acqua settimanale di circa 50 mm d’acqua (1 mm equivale a 1 litro per metro quadrato) e un turno di adacquamento di 2-3 giorni. Irrigazioni efficienti saranno quindi profonde, infrequenti e adattate in base alla comparsa dei sintomi di stress idrico.
COME IRRIGARE?
Parola d’ordine è limitare i consumi complessivi e ottimizzare la distribuzione evitando carenze e, soprattutto, eccessi.
L’acqua è un bene primario e prezioso e come tale va gestita nel modo corretto.
Premessa fondamentale è avere a disposizione risorse idriche di buona qualità (acque non inquinate, non saline, con pH corretto) e un impianto d’irrigazione efficiente e dimensionato a coprire tutta la superficie del tappeto erboso con elevato grado di omogeneità e sovrapposizione.
Fondamentale è irrigare nelle prime ore del mattino (prima delle 8.00), mai la sera, per contenere perdite per evaporazione (fino al 15% in pieno sole) ed evitare che la foglia rimanga bagnata tutta la notte. Il terreno caldo e l’umidità ambientale costituiscono infatti condizioni molto favorevoli allo sviluppo di malattie fungine estive. Di primo mattino il prato avrà rilasciato buona parte del calore accumulato durante il giorno precedente, diminuendo notevolmente le differenze termiche con l’acqua d’irrigazione; l’irrigazione a quest’ora del giorno permette anche la rimozione della rugiada notturna e quindi il trasmettersi di patogeni.
In alcune circostanze è consigliabile una brevissima bagnatura, il syringing, per abbassare la temperatura del tappeto, da effettuare circa 2 ore prima di raggiungere il picco di calore.
Molto favorevoli sono tutte le operazioni agronomiche tese a favorire l’infiltrazione dell’acqua e l’approfondimento dell’apparato radicale ovvero arieggiature e carotature, concimazioni equilibrate, corretta altezza e frequenza di taglio e impiego di agenti umettanti.